Fare sport. Muoversi. Tenersi in forma. Uscire regolarmente per farsi una corsetta o una camminata a passo veloce, nuotare ed andare in bicicletta tre volte alla settimana. Un toccasana per la nostra salute, per la qualità della nostra vita e per il nostro sistema cardiovascolare.

Sempre bello vedere, ogni giorno, le piste ciclabili piene di runners e ciclisti: frutto di una consapevolezza nuova, di una necessità di “stare bene”. Sempre bello ma c’è un “ma”.

Con lo sport e nello specifico con il nostro cuore, non si scherza. Occorre dirlo con molta chiarezza: controllare il proprio “motore” è necessario e fondamentale per tutti. Per tutti coloro che non sono sedentari, per tutti quelli che in qualche modo fanno sport. Occorre dirlo con ancora più chiarezza: una visita cardiologica regolare (una volta all’anno) è importante, è qualcosa a cui non si può rinunciare. Per tutti, non solo per quelli che corrono le maratone o fanno 200 km in bici tutte le domeniche, non solo per quelli che fanno sport a livello agonistico.

A ricordarcelo è il nostro cardiologo, il dott. Mauro Agnifili: Cardiologo Emodinamista presso il Policlinico San Donato, nel “team” di cardiologia del Centro Medico Corbetta.

“La visita cardiologica – dice con passione – è fondamentale, è cruciale: conoscere la pressione, la frequenza cardiaca e i parametri vitali fondamentali è decisivo per capire cosa accada al nostro cuore quando è sottoposto a uno sforzo; è fondamentale per tutti. Sempre più gente, per esempio, si è appassionata al running: sono in tantissimi a correre, ma solo in pochi conoscono quello che accade al proprio corpo mentre si corre, magari in condizioni atmosferiche non ottimali. E se uno ha vent’anni può anche pensare che non gli accada mai nulla, ma dai quarant’anni in su è davvero impensabile pretendere di uscire a fare una corsetta senza fare un checkup cardiaco prima. Soprattutto tenendo conto della facilità con cui si può accedere a questo tipo di esame”.

Insomma: una visita che serve a tutti.

“Io – continua il Dott. Agnifili – vado un po’ fuori dal coro ed esco dalle linee guida internazionali che non obbligano a fare test da sforzo a tappeto. Io, il test da sforzo lo faccio a tutti quelli che vengono a fare la visita da me: sempre. Perché il test da sforzo, unito a un set di esami ematici completo, ci permette di conoscere una serie di informazioni importantissime: dal rischio di ischemia fino all’aritmia, al picco pressorio… Poi, se il medico valuta la necessità di un ulteriore step, ecco che si fa anche una ecografia cardiaca”.

Il test, dicevamo: come funziona. “Si tratta di un esame dalla semplicità estrema, che porta via venti minuti di tempo. Al Centro Medico Corbetta abbiamo una cyclette e il paziente viene fatto pedalare con dei carichi di lavoro crescenti ogni due minuti. A intervalli di tre minuti, una infermiera professionale (sempre presente durate tutto il test) , misura la pressione arteriosa mentre la traccia cardiaca è monitorata costantemente grazie a 12 elettrodi posizionati sul corpo del paziente. Generalmente si arriva fino all’85% dello sforzo massimale, poi a seconda della forma fisica di chi si ha di fronte, si può decidere di andare avanti o di fermarsi. Fondamentale dire che il monitoraggio della fase di recupero è importante quanto quello della fase sotto sforzo, anzi: si può affermare che la fase di recupero sia ancora più critica e da monitorare con ancora più attenzione. Un esame semplice, veloce e alla portata di tutti: che tutti quelli che svolgono attività fisica (corsa, nuoto, bici, palestra…) dovrebbero  fare, anche quando non è obbligatorio per legge”.

Per prendere un appuntamento con il dott. Agnifili, chiama il numero 02/ 97486188.